| Capitolo 1 Mi stesi sul letto, sfinita. Tutto quello che era successo la sera prima mi aveva scosso, decisamente. Non riuscivo a dimenticarlo, non avrei potuto. Quegli occhi, che mi guardavano così sensuali.. Io non potevo proprio resistergli. Ma c'era qualcosa che non quadrava. Perché proprio adesso un vampiro era tornato a Fell's Church? Proprio adesso che Elena, Stefan e Damon e tutti gli altri se ne sono andati. Di solito era lei quella che attirava i vampiri, non io, una piccola streghetta neppure tanto bella, a dir la verità. Mi voltai verso il comodino e presi la foto che custodivo con cura sopra quella mensola. Una foto di noi, insieme, per l'ultima volta. Come avrei potuto dimenticare? Ora tutti se ne erano andati, chi per un motivo chi per un altro.. Io mi sentivo così sola. Mi mancava Elena, diamine! E Meredith.. Non ero me stessa senza di loro. Rimisi la foto a posto, sbuffando impercettibilmente. Mi alzai e mi avviai verso l'armadio, per mettermi in camicia da notte. Vivevo tutto come se fosse un sogno, come se tutto quello che mi stava accadendo non stesse succedendo veramente, almeno non a me. Non ero mai stata in grado di affrontare situazioni spinose da sola, come invece ora mi ritrovavo a dover fare. Un rumore però mi distolse dai miei pensieri. Alzai la testa di scatto, sorpresa. Ormai vivevo nel pericolo costante, ed ogni minima cosa mi faceva morire dalla paura. Quello strano rumore mi lasciò perplessa, perché mi riportò nel passato, verso alcuni ricordi che non seppi identificare. Però poi, appena mi sdraiai sul letto, non ci fu più tempo per pensare, perché caddi tra le braccia di Morfeo. Mi svegliai allegra, e sentii che quella era la mattina perfetta da passare in biblioteca. Adoravo i libri, il loro odore, il rumore delle pagine sfogliate. E quella biblioteca mi piaceva, perchè era quasi..intima. Mi vestii in fretta, la mia mente già stava pregustando le ore future, ed uscii. Il sole splendeva alto nel cielo, limpido e senza nubi. Oggi era veramente una giornata fantastica. Non mi ricordavo perché la sera prima ero così triste ed impaurita. Era successo qualcosa, certo, però non capivo cosa. Non me lo ricordavo, quindi non era qualcosa di importante. Oggi l'unica cosa che sentivo era che ero felice ed allegra, assolutamente tranquilla. Arrivata in biblioteca salutai con lo sguardo la signora grassa all'entrata, che ormai mi conosceva bene, e mi avviai verso uno scaffale, scegliendo un libro a caso tra i tanti che vi si trovavano. Andare in biblioteca per me era diventata un'abitudine, non avendo più nulla da fare. Da quando ero sola le mie giornate erano diventate vuote e di una monotonia pazzesca. Due occhi azzurro ghiaccio, però, riaffiorarono nella mia mente. Loro non erano assolutamente monotoni, ma non ricordavo a chi appartenevano. Ricordavo solo che non potevo resistergli. Mi avvicinai ad un tavolino e feci per sedermi, quando notai un foglietto accartocciato. Certo che la maleducazione dilaga in questa città.. Cosa costava buttarlo? Pensai, mentre lo raccoglievo, sbuffando. Non so per quale misterioso istinto, per quale stupida ragione, ma lo aprii, e lo lessi. La scrittura era disordinata, strana, segno che era stato scritto in tutta fretta. Però non mi era nuova.. Attenta. Può farti del male. Queste parole mi colpirono, perché le sentivo riferite a me, anche se non avevano nessuno nesso logico. Chi mi avrebbe potuto fare del male? Perché, poi? Da quando avevo definitivamente chiuso con la magia la mia vita era stata così tranquilla, senza eventi particolarmente eclatanti. Sentii un brivido crescermi lungo lo schiena, accompagnato da una sensazione di disagio che non era mia da molto tempo. In fretta accartocciai di nuovo il biglietto e lo buttai via, promettendomi di non pensarci più.
Era buio, e mentre prendevo la giacca e salutavo la bibliotecaria, sentii un altro brivido. Probabilmente era dovuto al freddo, pensai, mentre uscivo. La luna era coperta dalle nubi, e la via era silenziosa. Avrei dovuto avere paura, ma non ne avevo. Dopo tutto quello che avevo passato, vampiri e cose varie, come potevo avere paura di un po' di buio? Si sentivano solo i miei passi, non c'era altro rumore. Ripensai al biglietto trovato ore prima, e mi chiesi perchè mi aveva messo tanta paura addosso. Ero stata così stupida a preoccuparmi per una cavolata del genere, che in quel momento scoppiai a ridere. Ridevo perchè ero sola e perchè non avevo paura, ma sentivo che dovevo averne. Ridevo perchè era da tanto che non lo facevo. Un verso acuto però interruppe la mia risata, ed io mi voltai di scatto. La paranoia della sera prima era tornata, ancora più forte. Urlai, perchè un uccellaccio, stranamente veloce, mi era andato addosso. Continuava a beccarmi, mentre io urlavo e correvo. Mi faceva male, e sentii il sangue uscire veloce da una ferita. Mi dimenai con le braccia, nel vano tentativo di allontanarlo, ma era tutto inutile. Quello stupido uccello, per chissà quale strano motivo, ce l'aveva con me. Lanciai un altro urlo, forte ed acuto, mentre cercavo ancora di allontanarlo. Però non passava nessuno, quindi era tutto inutile. Mi lasciai cadere a terra, sfinita. Però sentivo che si era tutto calmato, perchè l'aria era ferma sopra di me. L'uccello, precisamente un falco, mi guardava, fermo, con i suoi grandi occhi fissi su di me. Avevo paura a muovermi, perchè pensavo che ad un minimo movimento mi sarebbe saltato di nuovo addosso. Mi toccai la ferita al braccio, non troppo profonda, e cercai di bloccare l'uscita del sangue. L'uccello continuava a guardarmi. Avevo paura, in quel momento sì, lo ammettevo a me stessa. Quegli occhi, però, erano strani. Continuavano a fissarmi insistentemente, fin troppo, per un semplice animale. Erano verdi, talmente verdi da fare paura, e riportarono alla mente ricordi passati. Quello sguardo.. Non mi era nuovo. Scossi la testa, ed abbassai lo sguardo, temendo un nuovo attacco dell'animale. Ma, un attimo dopo, quel falco era volato via.
Scossi la testa, inserendo le chiavi nella serratura. Questa era stata una giornata strana, nonostante tutto, che aveva spezzato la solita monotonia che ricordavo. C'era qualcosa, però, che non quadrava. Ricordavo che qualche giorno prima ero stata in ansia, ma non mi ricordavo perchè. Cos'era successo? Decisi di non pensarci e, mentre salivo le scale per arrivare alla camera, capii che preferivo la monotonia di prima, senza strani attacchi di uccelli posseduti. Entrai, e posai la borsa sul letto, togliendomi le scarpe. «Ciao, tesoro..»Disse una voce suadente dietro di me. Un brivido, uno dei tanti in questa giornata, mi percorse la schiena al suono della sua voce. Mi voltai di scatto, una parte di me allarmata, un'altra quasi euforica di sentire quelle parole. Lanciai un urlo quando vidi la persona, l'essere, di fronte a me. Tremendamente bello. E gli occhi.. Quegli occhi azzurri che avevo sognato, che erano entrati nei miei pensieri con prepotenza e non volevano più andarsene. Non avevo paura, perchè sentivo che quello sguardo, quel ragazzo, non poteva farmi del male.. Eravamo affini, io e lui. «Ti ho spaventato?»Chiese, a bassa voce, avvicinandosi ancora di più a me. Nei suoi occhi ora c'era dolcezza, e tutto di lui mi attraeva così tanto.. «No..» Dissi, intimidita.. Indietreggiai di qualche passo, mentre lui avanzava sempre più verso di me. Ora i suoi occhi erano illuminati di una strana luce, a cui io non potevo resistere. Mi fermai, e lasciai che lui arrivasse a pochi centimetri dal mio viso. Potevo sentire il suo respiro sul mio collo, e tutto questo mi elettrizzava. «Sono così stanco..»Disse, mentre vedevo i suoi occhi posarsi sul mio collo, quasi.. famelici. Ma tutto questo non mi impauriva, perchè sentivo che lui non mi avrebbe fatto del male. «Tu mi potresti risollevare un po' il morale.» Aggiunse, serio, ma sempre tremendamente sensuale. Ormai era così vicino che un ciuffo di capelli biondi sfiorava le mie labbra, eccitandomi.«Vuoi farlo, per me?»Chiese, dolce, guardandomi negli occhi. Come avrei potuto rifiutare? Avrei fatto qualsiasi cosa per renderlo felice. Qualsiasi cosa. «Sì..»Dissi con un filo di voce, come se la distanza tra le nostre labbra fosse troppo dolorosa. Un sorriso eccitato illuminò il suo volto, ma non mi baciò, come pensavo avrebbe fatto. Le sue labbra puntarono il mio collo.
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