Buonasera care, vi annuncio ufficialmente di aver terminato di copiare la storia sul pc
, quindi riesco finalmente a postare L'ULTIMA parte di After Hours.
Non sono poi così cattiva in fondo
Aspetto le vostre considerazioni dopo che avrete terminato la lettura, soprattutto sulla scena finale che trovo assolutamente fantastica.
“Ora, ora”, disse Damon prendendo la sfuggente rossa appena lei cominciò a precipitarsi dietro alla libreria dove si trovava lui, permettendo ai suoi occhi abituati al buio di adattarsi alla luce. Ora stavano bene, ma c’era voluto del tempo. “Là, là”.
Uscì, tenendo ancora la ragazza, e poi sfoggiò un sorriso brillante, che si spense immediatamente come una candela bagnata dall’acqua. “Tre possono essere una folla”, disse alla terrorizzata, quasi svenuta ragazza fra le sue braccia, “ma quattro sono abbastanza per un incontro di bridge, giusto?”.
“Tu succhiasangue - ”, cominciò il lupo mannaro con la voce gutturale, appena Damon fece scivolare attentamente la ragazza semi-svenuta su una sedia, cospargendo il tavolo di carta per assicurarsi che non si sarebbe fatta male alla testa nel caso fosse svenuta. I danni alla testa potrebbero essere pericolosi e interferirebbero con la capacità di lei di ammirarlo.
“ Ora, lasciami addestrare questi due per un minuto”, disse Damon alla ragazza, aggiungendo, “Cani cattivi! No! Seduti!”, rivolgendosi ai lupi mannari. Arrivò con grazia dietro alle creature prima che loro potessero muoversi e le afferrò dietro la nuca con una mano. Un momento dopo li stava trascinando fuori dalla porta, dove si accontentò di un rapido colpo dietro al collo di entrambi. Dopo di che tornarono di nuovo alla loro forma umana, e alla loro bassa, indecente vita umana. Il loro odore di creature umane era cattivo tanto quanto quello di lupi mannari, e questo diceva molto. Damon sputò qualche volta, si asciugò la bocca, stirò e spazzolò la sua maglia nera di cachemire prima di ritornare dentro dalla sua fanciulla.
Lei stava debolmente cercando di alzarsi, i suoi occhi guardavano la riga insanguinata sul pavimento.
“Ora, ora. Là, là. Ora, là.”, disse Damon, impedendole di arrivare alla riga. “Hai fatto davvero un bel lavoro con questa ma ora non ne hai più bisogno. Ora loro sono in paradiso. Bè, all’inferno, più probabilmente, ma il punto è che non più bisogno di preoccuparti.”
La fanciulla, che era eccezionalmente minuta e bella ed aveva, per un vampiro la più squisita caratteristica di tutte, un collo lungo e delicato, lo stava guardando appassionatamente. Era bella, tanto era bassa. Damon non si curava molto delle ragazze alte perché lui stesso non era molto alto. Aveva anche – non potevi non notarlo – occhi particolarmente grandi nella sua piccola faccia a forma di cuore, che le davano l’aspetto di un gattino. Erano occhi marrone chiaro, con un cerchio scuro sull’orlo all’esterno dell’iride, poi un cerchio marrone e molto leggero, come se la luce li facesse brillare nel centro, e poi un altro cerchio scuro intorno alla pupilla. I suoi capelli erano del colore delle fragole ed erano arricciati sofficemente tutto intorno alla sua testa in modo da farti pensare “folletto”.
Damon le sorrise, non preoccupandosi di nascondere i suoi canini allungati.
“Oooh”, ansimò la fanciulla, abbracciando Damon nel buio, capelli di seta accuratamente calzati in uno sguardo a cuore aperto. “Oooooh. Magnifico”.
“Scusami?”
“Volevo dire: ooooh, mi hai salvato!”
“ Bè, ti ho aiutato”, disse Damon in un profondo e molto falso senso di modestia.
“Ooooh, erano dei mostri”.
“Bè, non sono un pericolo ora”, disse Damon.
“Ooooooh, stavano per mangiarmi!”
Damon si chiese se dovesse lamentarsi prima di parlare, come faceva la ragazza. Forse faceva parte del dialetto regionale. Voleva farla sentire a suo agio. “OOH!” disse, in modo un po’ più violento di quanto volesse, e la ragazza sobbalzò nelle sue braccia, i suoi occhi marroni divennero enormi. “Sì, lo erano”, convenne in pieno.
“Oh, mio Dio”, disse la ragazza, dimenticando l’ “oooh” dopotutto. “Chi sei tu? Non ti approfitterai di una ragazza indifesa a questo punto, giusto?” aggiunse, e chiuse gli occhi.
“Oh, bè, forse un pochino”, disse giovialmente Damon, guardando le belle vene color lavanda sul collo di lei.
“Oooooooooh.”
Damon stava in piedi e guardava impotentemente verso la fanciulla, notando con inquietudine quanto pesasse pressoché nulla nelle sue braccia, tanto che la pelle di lei aveva la capacità di splendere come quella di un bambino, e nel complesso gli sembrava molto più una bambina che una ragazza.
Lui si schiarì la gola.
Gli occhi marroni si aprirono. Non solo erano insolitamente grandi ma erano anche piuttosto distanti fra loro, tanto che impartivano uno sguardo fanciullesco alla sua proprietaria.
“Si?”, disse lei, guardando con disappunto, che non c’era niente da fare per i canini di Damon.
“Ah”, disse lui, cercando di utilizzare un po’ di velluto della notte nella sua voce. “Um. Sai cos’erano quelle due cose?”
“Oooh, sì. Erano oooh lupi mannari.” Rabbrividì.
“ Quindi hai trovato molti lupi mannari qui?”
“OoooooooOOh! No!”
“Ah”, disse Damon, che era sobbalzato un po’ alla fine di questo lamento. “Beh. Erano decisamente creature della - ”
“- oooooh, notte!”
“E, ah, conosci altre creature della notte?”
“Ooooh, lupi mannari e vampiri e streghe e fantasmi e demoni e succubi, ed incubi e folletti cattivi e diavoletti e, oooh, boggins e fuochi fatui, e oooooh - ”
Damon scattò al lamento strategico. “Ok, aspetta, torna all’inizio e ripeti il secondo.”
Gli occhi marroni si sbarrarono e le pupille si dilatarono con paura, poi la ragazza scagliò un rapido sguardo intorno alla stanza e verso il soffitto.
“Wuh – streghe?” esitò. “ Ne conosco una – ne conoscevo una – ma non era affatto cattiva. Era mia nonna e sapeva quando sarebbe morta perché mi inviò il mio regalo di compleanno un mese prima e il -”
“Fermati!” disse Damon. La ragazza aveva una voce particolarmente melodiosa ed ascoltarla non era particolarmente difficoltoso – era come ascoltare un usignolo o un chiurlo, ma doveva arrivare al punto. “Le streghe erano le terze nell’elenco, in realtà. C’era qualcos’altro prima di loro”.
“No”, disse la rossa, “Lupi mannari e streghe e vamp- ”. Si fermò, mettendo la sua piccola, delicata mano sulla bocca. “Vamp-iri?” concluse, dopo aver deglutito al centro della parola.
Damon si sentì immediatamente sollevato. Erano arrivati al punto. Sorrise di nuovo, brillantemente.
La ragazza dai capelli di fragola guardò il suo sorriso. Lo guardò molto attentamente. Damon era felice di aver superato le sfide linguistiche e continuò a sorridere per molto tempo, circa un intero secondo.
Nel momento in cui spense il sorriso, la rosse smise di esaminarlo.
Damon sapeva quando lo faceva, precisamente, le sue ciglia battevano in maniera grandiosa – sua nonna l’avrebbe approvato, la sua faccia diventava bianca come il marmo, ed il suo corpo si accasciava, facendo scontrare la sua riccia testa di fragola con il pavimento di legno.
Avrebbe utilizzato poteri sovrumani per prenderla prima che il suo piccolo corpo colpisse terra, a capofitto, e fortunatamente Damon gli aveva.
Afferrò il piccolo, melodioso uccellino dai capelli rossi un istante prima che cominciasse a cadere, prendendola per la sua vita minuta e … ancora una volta tornarono a squadrarsi, con lui che la teneva, ma questa volta con l’aggiunta dell’inconsapevolezza di lei. Lui cominciò a cercare qualcosa su cui porla ma appena stava per utilizzare un tavolo da studio le ciglia di lei scintillarono di nuovo, si lamentò leggermente,e poi si svegliò.
“Oooh, sei solo tu – sei tu!” esclamò, passando da rassicurazione a terrore in circa un decimo di secondo. Lottò debolmente per uscire dalle braccia di lui. Dato che il suo obiettivo sarebbe stato cadere con il didietro sul pavimento, Damon non glie lo lasciò realizzare.
La rossa stava anche armeggiando con il suo lungo collo delicato – un collo da ballerina, se mai ne avesse visto uno – perfetto per il Lago dei Cigni – “Sono io…? Lo fai…? Lo hai già fatto…?” gli chiese.
“Mai. Non approfitterei mai di una fanciulla addormentata.” Perché non gradirei la carne fredda, insensibile, pensò Damon. Del calore, del piacere vibrante, così come della forza vitale di una bevuta squisita come quella ne avrebbe fatto tesoro, non sprecandoli appena si fosse addormentata.
La ragazza stava ansimando nelle sue braccia come un cervo ferito, avvicinato da cani da caccia. “Almeno – mi hai salvato – da quei mostri. Loro mi avrebbero torturato.”
La guardò, il modo in cui lei strinse la piccola croce d’oro al suo collo, il modo in cui lei guardò il cielo illuminato solamente dal chiaro di luna, il modo in cui lei teneva una mano verso di lui come se capisse l’incomprensibile salvatore, Damon era sconcertato. C’era qualcosa di… irreale in quel momento.
Poi comprese che era esattamente quello che sembrava. Irrealtà. Lei stava preparando una scena drammatica, un ritratto per la tela. Uno avrebbe potuto pensare facilmente anche a dei nomi: La Fanciulla e il Vampiro; o, più poeticamente, L’Ultimo Tratto Verso la Luce. Se solo ci pensava, rimaneva affascinato da quello che vedeva la sua mente, lei indossava una camicia da notte bianca e gonfia che scivolava su una spalla lucente, e la finestra era un cerchio di legno modellato. Che momento! Che ritratto! Che fanciulla!
L’unico problema era che lei era due o tre anni troppo giovane.
Emotivamente. Mentalmente.
Lo capì, perfino, con l’esilità di lei pigiata contro di lui fermamente, fisicamente.
Lui non cenava con i bambini. E in nessun caso…
“Stai immaginando che lo farò?” le chiese ironicamente.
Lei chiuse gli occhi e incrociò le mani sul petto. Un’attrice nata e una civetta se lui mai ne avesse vista una. “Prendere – il mio sangue”, disse in tono di dolorosa ed umile accettazione.
“E riesci ad immagini quanto me ne servirebbe?”
“Quante pinte di sangue ci sono nella circolazione umana?”. La sua fanciulla dimenticò di sembrare una vergine sacrificale e mise una nocca nella fossetta di una guancia, come se volesse grattare in profondità. “Heh”, disse imbarazzata, l’umore a pezzi, “non so”.
“Beh, non ho bisogno neanche di una pinta”, disse Damon, sentendosi piuttosto seccato. “E in ogni caso, non voglio prenderlo da te”.
“Lo vuoi!” esclamò indignata la fanciulla. “Perché no? Solo perché Meredith e Caroline ed Elena sono più – più…” – stava tracciando una sorta di clessidra con entrambe le mani – “Più in alto, giusto? Ci sto arrivando, anch’io. Ho compiuto diciassette anni due giorni fa. Se mi avessi vista vestita decentemente, lo sapresti!”
Ora l’umore era completamente rovinato, per Damon. E si – si sarebbe dannato se avesse lasciato che qualsiasi altra creatura dell’oscurità si fosse cibata di lei ora che lui l’aveva salvata.
“Raduna le tue cose”, disse con rabbia.
“Perché?” La fanciulla schioccò di nuovo, in tono provocatorio.
“Perché ti porto a casa, ridicola piccola scema. Cosa stavi facendo tutta sola in un grande edificio come questo dove non vive nessuno?”
“Stavo studiando! Ho una relazione da fare!”
“Beh, se non fosse per me adesso staresti studiando nell’al di là e non dimenticarlo.”
“Beh, non mi importa!”, la fanciulla – no, la piccola ragazza disse, cominciando a piangere. “Tu non” – singhiozzò – “non hai il mio insegnante di storia – singhiozzò. Lui riderà di me – singhiozzò – di fronte a tutti!”
“Quelli sono i peggiori”, disse Damon, ricordando le umiliazioni subite attraverso gli anni a causa del Signor Lucca. “ E sempre dopo che è stato ad una festa e i suoi mal di testa”.
“Oh, mi capisci”, si rivolse a lui la ragazza, singhiozzando, e mettendo la sua testa sulla spalla di lui.
“A che epoca ti riferisci? E che paese?” Disse Damon, una piccola smorfia sulla sua bocca si accese.
“Inghilterra e Spagna, intorno al 1533 – gli anni prima, gli anni dopo.”
“Beh, cosa vuoi sapere?” chiese Damon, sfoggiando ancora una volta il suo sorriso più brillante – quello che faceva diventare le ragazze delle pozze tremanti – intorno alla stanza. “Credo che molto probabilmente sia in grado di aiutarti al riguardo. Sai ero nei paraggi – più o meno – e quello che non ho visto l’ho saputo dai pettegolezzi. Dico sempre che se non c’è un buon pettegolezzo, non è accaduto.”
Alba. Bonnie, più o meno sonnambula, venne aiutata ad uscire dalla sua macchina mentre stringeva uno zaino tra le braccia.
“Ora ricordati di essere sorpresa quando troveranno tre persone morte in biblioteca – specialmente quel poveraccio che hanno ridotto ad un mucchio d’ossa.”
Bonnie rabbrividì e aprì i suoi occhi castani ed espressivi. “Tu mi hai salvato prima che la stessa cosa accadesse a me.” Sembrava un piccolo, rosso uccellino, con il piumaggio fradicio dalla testa ai piedi.
“Beh – non ci badare”, disse il ragazzo, cercando ancora una volta di fare il modesto. “E ricorda di battere a macchina tutti i pezzi che ho scritto, ma non stupirti del perché lo fai. E’ essenziale.”
“Molto essenziale”, Bonnie si dichiarò d’accordo borbottando, e poi si trovarono sulla sua porta d’ingresso. “Grazie – oh, tantissimo!” Detto questo si mise in punta di piedi, chiuse gli occhi e puntò le sue labbra aggrottate verso il ragazzo di punto in bianco.
Ci fu una lunga pausa e poi il più leggero, più caldo, lieve tocco di labbra sulle sue. Fu il bacio più dolce che avesse mai ricevuto – il più sexy.
“Beh, arrivederci, allora – uccellino”, disse una voce e Bonnie aprì gli occhi per guardare nel profondo quelle inesplorate pozze nere, e poi fu da sola. Totalmente sola. Per essere sicura si guardò intorno e trovò conferma. C’era la sua machina, ben parcheggiata sulla parallela – stava migliorando molto nel farlo – ma era sola e… e… beh, sicuramente era sola! Era riuscita a rimuoverlo – aveva studiato ogni notte nella biblioteca del Robert E. Lee, e non era accaduta nessuna cosa fuori dal comune. Certo, le aveva fatto paura vedere la macchina del Signor Breyer fuori al parcheggio nel suo solito posto, ma probabilmente stava sostituendo la Signora Kemp – e aveva cominciato piuttosto presto, oltre tutto.
Tutto sommato, aveva avuto una fortuna incredibile a non aver incontrato nessuno dei bibliotecari!
Ora non vedeva l’ora di dire ad Elena e Meredith e Caroline quello che aveva fatto. Tutto da sola! Non poteva crederci, lei! Accarezzò il suo zaino. Ma in esso c’era la prova. La Coscienza Di Una Regina era la migliore ricerca di storia che avesse mai scritto e avrebbe lavorato tutto il giorno per aggiustare i pezzi non ancora ben delineati. Probabilmente avrebbe preso una A!
Qualcosa di molto profondo nella sua testa le disse di guardarsi alle spalle.
Lo fece, ma non vide niente oltre ad un magnifico corvo nero che volò da un ramo verso l’alba.
Damon volò via, guardando i quartieri divenire delle macchie sotto di lui, e al di sotto, i suoi occhi scrutavano il Potere, le Linee di Ley che qui si incrociavano e rincrociavano, adescando ogni sorta di spazzatura, da quei disgustosi lupi mannari al suo più giovane fratello Stefan.
La ragione per cui Damon stava girando in tondo era semplice: aveva fame.
Non era stato capace di sfruttare le vene del piccolo uccellino rosso. Era troppo giovane, troppo – innocente – per essere punta casualmente in quel modo.
E, accidenti, nonostante – ah! – avesse passato una notte con lei, non le aveva mai chiesto il suo nome. Probabilmente non l’avrebbe mai saputo - no, aspetta! L’aveva scritto nel primo pezzo di carta. La pagina del titolo, l’aveva chiamata lei.
Il cognome era scozzese o irlandese o qualcosa che non ricordava, ma il nome sì.
Era Bonnie.
Il dolce uccellino Bonnie, pensò Damon, facendo una svolta e volando nel verso opposto.
Che peccato che non l’avrebbe vista mai più.
FINE